L’archistar (nato ad Enna, e sempre presente durante le feste nella sua città natia) Giuseppe Gervasi, a capo di un importante studio di progettazione, fa il punto sulla situazione del settore, bacchettando la burocrazia e avanzando alcune proposte per uscire dalla crisi.
Da sottolineare la sua creatività messa al servizio dei terremoti emiliani, ferme restando le realizzazioni per Ferrari e Lamborghini nonché le significative opere cantierizzate all’estero
Affermata archistar, Giuseppe Gervasi ha saputo affrontare e superare (anche con nuove assunzioni) il difficile momento dell’edilizia. Nato a Enna il 27 marzo 1954, questo architetto si propone come fondatore e presidente di Archilinea, uno studio di progettazione tra i più importanti nel nostro Paese, con sede a Sassuolo, in provincia di Modena. Lui che inizialmente aveva mosso i primi passi nel settore della progettazione architettonica e industriale legata al comprensorio della ceramica e che in seguito avrebbe sviluppato una profonda specializzazione nella progettazione dell’automotive per importanti aziende. Ma attivandosi anche nel campo degli enti pubblici (municipi, scuole, palestre…). Negli ultimi anni gli obiettivi di Archilinea si sono ulteriormente ampliati, con particolare attenzione al recupero del territorio, alla sostenibilità energetica e alla qualità del costruire e dell’abitare gli spazi, siano essi pubblici o privati. Ferma restando la realizzazione di importanti progetti per alcuni dei più importanti brand automobilistici come Ferrari e Lamborghini, l’attuale impegno di Archilinea è rivolto alla ricostruzione nelle zone modenesi colpite dai terremoti del 20 e del 29 maggio 2012. Traducendo in numeri, a questo studio fa capo un network di 35 professionisti attivo in diverse regioni assieme al consorzio Prospazio, di cui Archilinea fa parte, che raccoglie una cinquantina di professionisti tra architetti, ingegneri e tecnici. In sede di progettazione, sono inoltre operative un’ottantina di persone. E a Gervasi abbiamo rivolto una serie di domande per fare il punto sullo stato dell’arte del settore e non solo.
Architetto, dal 1981 – data di fondazione del suo studio – di strada ne è stata fatta tanta…
«Negli anni Ottanta per cominciare a lavorare bastavano un tavolo da disegno e una matita. Con pochissimi mezzi si poteva fare tutto. C’erano poi anche un grande entusiasmo e tanta fiducia nel futuro».
Nonostante la crisi che continua ad attanagliare il comparto edilizio, lei prosegue a potenziare il suo studio con nuove assunzioni. È sicuramente tra i pochi in controtendenza. Ci sveli il segreto.
«Non credo ci siano dei segreti particolari, bisogna solo convincersi che il mondo continua a crescere e occorre essere organizzati per le nuove richieste del mercato immobiliare. Naturalmente ci vuole ancora la consapevolezza che il futuro non deve fare paura ma essere considerato una grande opportunità».
Il suo studio lavora con grandi aziende private ed è pure molto attivo nel comparto pubblico. Una percentuale: quanto fatturato nel pubblico?
«Il nostro fatturato si basa principalmente sulle attività svolte con i grandi gruppi privati, tuttavia, soprattutto a seguito del sisma che ha colpito la nostra regione, negli ultimi tre anni abbiamo sviluppato una mole di lavoro per la ricostruzione che ha portato il fatturato con gli enti pubblici intorno al 20% del totale».
L’edilizia residenziale è seguita da uno staff particolare di Archilinea?
«Essendo in tanti, è naturale che ci sia un gruppo specifico di architetti e ingegneri specializzato in residenze, tuttavia i temi legati soprattutto alla sostenibilità ambientale sono trasversali a tutti i tipi di progettazione».
La soffocante burocratizzazione cui è soggetto il mondo delle costruzioni e una patrimoniale pesante com’è quella attuale rallentano fortemente le iniziative. Pensa che possano cambiare le cose in un prossimo futuro?
«Tutte le volte che ci viene promessa una sburocratizzazione delle attività, puntualmente succede il contrario. Pertanto da quando ho cominciato a lavorare dal punto di vista burocratico è stato sempre più difficile. Essendo tuttavia ottimista, per il futuro confido nelle promesse fatte da questo Governo, che a partire dal 2016 vuole introdurre delle norme a favore della semplificazione ed alleggerire la tassazione sugli immobili».
In una intervista l’architetto Portoghesi ha detto che «vengono continuamente annunciate semplificazioni e invece tutto diventa sempre più complicato e i tempi morti aumentano in modo assurdo. Il nostro mestiere sta diventando più adatto a un avvocato azzeccagarbugli che a un intellettuale o a un artista». Portoghesi sbaglia o lei condivide?
«Sono totalmente d’accordo con lui. Proprio per questo in Archilinea ci siamo organizzati in modo da suddividere i ruoli, con architetti che esprimono la più assoluta libertà creativa. Compito degli ingegneri è invece quello di rendere la creazione architettonica tecnicamente possibile, mentre altri tecnici sono specializzati nel dialogo burocratico con le pubbliche amministrazioni, in modo da effettuare le realizzazioni nel più breve tempo possibile. In Italia tutti i compiti elencati sono importanti in egual misura».
In Italia Archilinea ha realizzato opere di un certo rilievo. Quali sono quelle che ricorda con maggiore piacere?
«Sono un po’ in difficoltà a elencare le realizzazioni in ordine di importanza o affettivo. Certamente le opere eseguite per la ricostruzione dopo il terremoto sono quelle che ci hanno emozionato di più. La scuola materna “Sacro Cuore” di Finale Emilia, per la quale abbiamo donato il progetto e la direzione dei lavori, è stato un momento per tutti noi particolarmente gratificante dal punto di vista dell’impegno sociale. Altrettanto emozionante è stato consegnare il municipio di Mirandola e quello di Concordia in tempi rapidissimi ai rispettivi cittadini. È stato bello veder risorgere la palazzina uffici della Ceramica Panaria a Finale Emilia, o parte degli stabilimenti Bellco a Mirandola. Poi ci sono la prima scuola in classe A dell’Emilia-Romagna realizzata per il Comune di Castellarano. La piazza e il nuovo centro di Spezzano hanno dato un luogo di ritrovo a una comunità che ne era sprovvista. Di grande prestigio il primo edificio industriale in classe A d’Italia realizzato per Automobili Lamborghini e i tanti lavori fatti per Ferrari e per il Comune di Maranello, come l’ampliamento del Museo Ferrari e la creazione della nuova piazza. Un rilievo particolare ha avuto anche il complesso dell’autodromo di Modena. Attualmente per Ferrari Auto stiamo realizzando l’edificio che ospiterà la sperimentazione per le vetture di serie e per la Formula Uno. Per Lamborghini stiamo invece progettando una serie di edifici che comporteranno il raddoppio dello stabilimento di Sant’Agata Bolognese».
Avete realizzato progetti anche all’estero?
«All’estero abbiamo realizzato soprattutto grandi punti vendita per aziende ceramiche, in questo caso si spazia dal Portogallo agli Stati Uniti all’India ed ultimamente a Manila, nelle Filippine».
Il comparto dell’edilizia sta attraversando un lungo periodo di difficoltà. Vede la fine di questo trend negativo?
«In generale l’edilizia residenziale non mi sembra che sia ancora uscita dalla crisi. Invece i comparti industriale e commerciale continuano a svilupparsi con una fiammata, soprattutto nell’ultimo anno. Quando industria e commercio saranno ripartiti, solo allora si potrà pensare a un nuovo sviluppo per l’edilizia residenziale».
La disoccupazione giovanile è attestata al 44,2%. Cosa proporrebbe di fare per offrire un futuro ai nostri giovani?
«In Italia il problema della disoccupazione giovanile direi che c’è sempre stato. Tra l’altro molto diversificato fra le varie aree geografiche del Paese. Non saprei cosa proporre per risolvere la questione. Noi, quando assumiamo dei nuovi ragazzi, stiamo particolarmente attenti che, oltre alla preparazione di base, siano dotati di una buona capacità di lavorare e integrarsi nel gruppo. Ultimamente, oltre all’utilizzo delle tecnologie informatiche, richiediamo una buona conoscenza delle lingue straniere, in particolare l’inglese».
Ormai sono 5 milioni gli italiani emigrati all’estero, spesso laureati e diplomati, e oltre 6 milioni gli stranieri arrivati in Italia. Bel cambio, non trova?
«Non so se i mie avi sin dalla preistoria siano stati italiani, o magari un qualche mio trisavolo sia arrivato dal nord Europa con i normanni o dall’est con i bizantini, piuttosto che dal Medio Oriente o dal Nord Africa con i mori. Penso che i flussi migratori siano generati da questioni estremamente complesse, riconducibili sempre alla ricerca di un posto nel quale stare meglio di prima. Per me, che ho origini siciliane, è stato normale crescere in una regione nella quale i monumenti lasciati da tutte le civiltà che l’hanno attraversata sono ancora tutti lì. Sono straordinari i templi greci, le ville romane, i palazzi arabi, le chiese normanne. I normanni, in particolare, intorno all’anno Mille, formarono un regno nel quale, in pace, ogni civiltà esprimeva il meglio di se stessa. I bizantini continuarono a occuparsi degli aspetti amministrativi, gli arabi di commercio e di agricoltura, i normanni delle attività militari».
Dopo la chiusura del Colosseo per un’assemblea sindacale, il Governo – con un decreto legge che inserisce i siti culturali tra i beni pubblici essenziali – ha in un certo qual modo risolto un grave problema che da anni dà anche all’estero una pessima immagine del nostro Paese. Servirebbe un altro “buon decreto” per fare ripartire l’edilizia?
«Non so se un decreto basterebbe a far ripartire l’edilizia, certo è che in Italia occorrerebbe per lo meno permettere di ricostruire facilmente e sostituire la maggior parte dell’edilizia attuale. È del tutto inutile dichiarare che non si vogliono utilizzare nuovi terreni agricoli per realizzare delle case, quando poi in un centro storico, anche fatiscente, è difficilissimo intervenire».
Grandi economisti sostengono che solo calando le tasse e contenendo la spesa pubblica l’economia può ripartire, ricreando così ricchezza. Lei condivide?
«Calare le tasse con i livelli attualmente raggiunti in Italia è assolutamente necessario. Penso tuttavia che sia più importante far ripartire la crescita dell’industria e del commercio, facendo inoltre lievitare l’interesse per l’enorme potenziale costituito dalla bellezza dei nostri centri storici, dei nostri monumenti e dei nostri paesaggi».
di Giuseppe Marasti by ECONOMIA ITALIANA